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Botticelli, La primavera, 1482, tempera su tavola (203 x 314 cm), Firenze, Uffizi

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Il dipinto, che si presenta come una delle opere più note e riconosciute nel mondo dell'arte, fu eseguito per Pierfrancesco de’ Medici, cugino di Lorenzo il Magnifico. A partire dal 1498, infatti, l'opera risulta presente nell'inventario di famiglia quale opera presente nel Palazzo de' Medici di via Larga. Trasferito poi nella Villa di Castello, fungeva da "pendant" alla "Nascita di Venere", sempre di Botticelli, altro capolavoro indiscusso del Rinascimento italiano.

La scena è ambientata in un frutteto di aranci, all'interno del quale trovano posto nove personaggi. Partendo da destra, indicata quale elemento di partenza per una corretta lettura dell'opera, troviamo Zefiro, vento di Primavera, che si appresta a rapire la ninfa Clori che, insidiata dal vento,  rinascerà trasformata in Flora (il terzo personaggio), simbolo in questo caso proprio della Primavera.

Al centro della scena, leggermante arretrata rispetto alle figure in rpimo piano, incontriamo ivece Venere che sembra rappresentare colei che media tra le figure in scena, quale rappresentazione neoplatonica dell'amore. Poco sopra il suo capo troviamo sospeso, in atto di scagliare un dardo infuocato, Eros o Cupido, che volge il suo arco verso le "Tre Grazie" che danzano armoniosamente creando un grazioso intreccio di sguardi e di gesti.

L'ultimo personaggio, a sinistra della scena, troviamo Mercurio, messaggero degli dei, che con il suo caduceo scaccia le nubi per conservare un cielo primaverile sereno e privo di elementi che possano turbare l'armonia e la serenità primaverile.

E' indubbia, in quest'opera, l'assoluta eleganza con cui viene presentato ogni elemento all'interno della scena, che ritroviamo nell'armonia, nella dolcezza e nelle espressioni dei volti dei vari personaggi, in particolare di quelli femminili, come si può ben notare da quelli di segioto proposti in dettaglio.
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VArie sono le interpretazioni che i vari studiosi nel corso dei secoli hanno saputo dare di questo particolare dipinto, e tra questi anche un particolare legame proprio con il committente. Alcune ipotesi, infstti, vorrebbero che Venere fosse la raffigurazione di Fioretta Gorini, moglie di Lorenzo di Poerfrancesco - committente dell'opera - che verrebbe rappresentato invece come Mercurio. Le Tre Grazie rappresenterebbero, invece, l'incarnazione dell'Amore Humanus (puro e spirituale) secondo quelli che erano i dettami delle idee platoniche, accolti e apprezzati sia nell'ambito della cultura fiorentina del tempo, sia in ambiente Mediceo.

Anche i fiori e le erbe, presnti in gran numero ed in estremo dettaglio, vengono ricondotti a significati matrimoniali. Se i fiori d'arancio alludono indubbiamente al matrimonio e alla sua felicità, anche le margherite, , i nontiscordardimé e fiordalisi fanno riferimento all'amore, ed in particolare alla donna amata. Altri, invece, identificherebbero la presenza di Flora quale allusione alla città di Florenzia, e dunque della stessa Firenze. Un elemento rimane comunque indubbio, ovvero la grande eleganza che Botticelli ha saputo dare e presentare in questa splendida opera ricca di dettagli, ma soprattutto di armonia e bellezza di figure ed elementi.
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