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Paolo Veronese, "Le nozze di Cana",  1563, già (un tempo) Refettorio del convento di San Giorgio Maggiore (Venezia)

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Paolo Veronese, "Le nozze di Cana",1563,  olio su tela, 6,66 x 9,90  metri, Parigi, Museo del Louvre                                             


E' incredibile il numero di persone che va a visitare il Museo del Louvre per ammirare "La gioconda" o la "Monnalisa" di Leonardo. Opera indiscutibilmente affascinante, se non altro per l'alone di mistero che l'ha da sempre accompagnata e che l'accompagna tutt'oggi: chi raffigurerà, chi voleva realmente celebrare il grande maestro fiorentino? Vi chiederete, dunque, perché anch'io non abbia scelto questo dipinto quale quadro del mese...

Vi siete mai chiesti, però, che cosa ci sia alle spalle di tutti coloro che stanno facendo la coda davanti alla "Gioconda?".

Appesa alla parete opposta, troviamo una magnifica tela del maestro veneto del Cinquecento Paolo Veronese, un'opera dalle dimensioni grandiose, di più di sei metri di altezza e di quasi dieci metri di lunghezza. Il dipinto, intitolato "Le nozze di Cana", era stato eseguito per il refettorio dei monaci del convento di San Giorgio Maggiore a Venezia progettato da Andrea Palladio nel 1562. A completare il magnifico scenario, sulla parete di fondo, proprio l'opera di Paolo Veronese che qui mostra uno dei suoi più alti esempi di pittura che potremmo definire "colloquiale".

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 Particolare con i quattro musicisti. Da sinistra a destra: P. Veronese, J. Tintoretto, J. Bassano, Tiziano

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I personaggi, infatti, paiono muoversi animatamente all'interno del dipinto, dando vita ad una scena tanto partecipata, quanto viva e reale. Il banchetto nunziale, infatti, sembra prendere vita lasciando liberi i personaggi di muoversi e di transitare idealmente all'interno della tela. Tra questi centoventisei ritratti, troviamo, non solo i più notabili personaggi del tempo, ma anche lo stesso autoritratto di Paolo Veronese affiancato da Jacopo Tintoretto, Jacopo Bassano e Tiziano.







La vicenda di questo dipinto, purtroppo, è stata però alquanto triste, come accadute a molteplici opere italiane tra la fine del Settecento e i primi anni dell'Ottocento grazie alle campagne napoleoniche. Nel 1797, infatti, fu proprio Napoleone Bonaparte a
requisire l'opera e a farla trasportare a Parigi dove oggi la potete ancora ammirare.

Per chi voglia, però, respirare l'atmosfera del refettorio palladiano con l'opera di Paolo Veronese, oggi, grazie all'impegno della Fondazione Giorgio Cini è possibile trovare in sito una copia del quadro del maestro veneziano, eseguita con le più moderne tecniche di riproduzione elettronica.
Dire che sia la stessa cosa, sarebbe probabilmente un eccesso, ma se non altro, rende l'idea di ciò che fu.



Particolare dell'opera
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