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Michelangelo, "Il Giudizio Universale", 1533-1541  

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Michelangelo, "Giudizio universale", affresco, 13,7 x 12,2 metri, 
Città del Vaticano

       "Quest'opera è stata veramente un faro della nostra arte, ed ha portato tale beneficio e illuminazione all'arte della pittura che fu sufficiente ad illuminare il mondo che per molti secoli era rimasto nell'oscurità.

        E, a dir la verità, chiunque sia un pittore non ha più bisogno di preoccuparsi nel vedere innovazioni e invenzioni, nuovi modi di dipingere le pose, i vestiti sulle figure, e vari dettagli che ispirino un timore reverenziale, perché Michelangelo diede a quest'opera tutta la perfezione che può essere data... a tali dettagli". 


     Così scrive Giorgio Vasari, commentando il lavoro di Michelangelo nella Cappella Sistina.

      Eseguito tra il 1533 ed il 1541, è una delle opere più famose al mondo, nonché uno dei simboli della chiesa che, attraverso la Controriforma e grazie anche alla 'propaganda' anche artistica, tentava di riprendere forza cercando di risollevarsi dopo che la Riforma protestante di Lutero aveva sottolineato gli aspetti negativi della chiesa di allora: corruzione, simonia e vendita delle indulgenze. Proprio per questo il Giudizio di Cristo appare alquanto severo, soprattutto nel gesto 

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della mano destra alzata a mo' di condanna e lo sguardo severo rivolto verso gli inferi, sottolineano il particolare momento del Giudizio. 

Accanto a lui si trova la Vergine, sua Madre, che non può intervenire nelle decisioni di Cristo, ma che attende l'esito di quanto stabilirà Cristo.

Con la mano sinistra, invece, indica le anime che dal Purgatorio salgono verso il Paradiso, creando una sorta di movimento circolare che coinvolge tutta la rappresentazione e che vede, da un lato la discesa delle anime agli inferi, dall'altro la salita delle anime purganti verso il Paradiso.

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Anime Beate che dal Purgatorio salgono in Paradiso                                                                                                                           Anime dannate che scendono agli inferi


Particolari...


l dannati...


Il 'dannato' è colpito dalla rassegnazione e dall'impossibilità di non avere alcuna alternativa tranne che quella della condanna definitiva ed eterna. A trascinarlo verso il basso delle figure mostruoso, in parte uomini e in parte animali. Avvolti nelle spirali di questi esseri mostruosi devono dunque accettare il loro triste destino.
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L'unica persona a trarne vantaggio sarà solamente il diavolo, che viene qui raffigurato come un essere mostruoso e animalesco, con gli occhi che sembrano uscirgli dalle orbite e le orecchie a punta.
Dannato che scende agli inferi (sopra)

l Beati...

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I Beati vengono chiamati verso il Paradiso, salendo dal luogo attraverso il quale si erano purificati: il Purgatorio. 
























Anime Beate che ascendono al Cielo


Il Paradiso...
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Il punto di arrivo delle Anime Beate, la loro meta finale per eccellenza è rappresentata dunque dal Paradiso dove Cristo accoglie le anime tra schiere di santi e angeli. Gli angeli sono stranamente privi di ali, e reggono e trasportano i simboli della passione di Cristo: la Croce, la colonna, la corona di spine e i chiodi.
Questi attendono con ansia l'esito del verdetto di Cristo. Tra loro riconosciamo S. Pietro con le chiavi, S. Lorenzo accompagnato dalla graticola (strumento della sua tortura), S. Caterina d'Alessandria con la ruota dentata, S. Sebastiano inginocchiato con le frecce in mano e, infine, S. Bartolomeo con la propria pelle in quanto il suo martirio consistette proprio nel fatto che gli fu tolta la pelle.

In questo caso, però, il ritratto della pelle sarebbe quello di Michelangelo mentre il S. Bartolomeo assume le sembianze di Pietro Aretino. Questo perché Pietro Aretino aveva criticato l'opera di Michelangelo definendola volgare. Fu così che il maestro decise
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San Bartolomeo con le sembianze dell'Aretino
 di vendicarsi in un modo del tutto particolare: fece assumere al San Bartolomeo i connotati di Pietro Aretino – cui era stato imposto il martirio con lo scorticamento della pelle – ma fece assumere alla pelle le sue sembianze. 

Un modo alquanto particolare di ritrarsi all'interno del Giudizio universale. 
In realtà non era stato molto magnanimo nemmeno nei confronti di Biagio da Cesena - che a sua volta aveva definito l'opera una pittura "degna d'osteria" - che dipinse quale Minosse cui pose orecchie d'asino e un serpente in atto di mordergli i genitali, come si vede nell'immagine qui a destra).


Come si può ben capire, era meglio non prendersela con Michelangelo

     
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Biagio da Cesena come Minosse
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